
Il nostro Comitato condivide pienamente le considerazioni formulate nel testo che ci è pervenuto e che di seguito abbiamo trascritto. L’autore è un consigliere dell’Ente di Gesione.
Scene d’altri tempi al Consiglio dell’Ente di Gestione delle Aree Protette del Po Piemontese tenutosi
mercoledì 22 febbraio a Casale Monferrato. All’ordine del giorno la discussione delle istanze
presentate da comuni e associazioni, su richiesta della Regione Piemonte, relative ad una revisione
dei confini del Parco e dell’Area Contigua (cioè una zona intorno al Parco in cui la caccia è consentita
ma solo a coloro che risiedono nei comuni inclusi nell’area contigua stessa).
Cacciatori e agricoltori, unitamente alla Provincia di Vercelli e ai sindaci di Ronsecco, Saluggia,
Fontanetto Po, Tricerro, Crescentino, Trino e Livorno Ferraris, chiedono, per il territorio vercellese,
l’abolizione delle aree contigue e la riduzione delle Aree Protette ritornando ai confini del 2020
(prima dell’entrata in vigore della L.R. 11/19 che ha definito alcuni ampliamenti), con conseguente
cancellazione del recentemente istituito Parco Naturale del Bosco della Partecipanza e delle Grange
Vercellesi. L’ATC AL1 e il comune di Moncestino sono sulla stessa linea in riferimento al casalese.
Perché? Perché tutto questo? Per andare a caccia.
Il mondo venatorio, in rivolta dopo gli ampliamenti dei confini entrati in vigore nel gennaio 2021,
spalleggiato da quello agricolo (o, meglio, parte di esso – che inspiegabilmente ancora preferisce
piegarsi alla lobby venatoria piuttosto che sostenere l’implementazione di pratiche davvero efficaci
nel controllo dei cinghiali) e di cui alcune amministrazioni locali si sono fatte portavoce, si propone
ancora una volta come la soluzione del problema cinghiali e danni alle coltivazioni. Tuttavia, è ormai
ampiamente documentato tramite studi e ricerche che la caccia non è la soluzione. Gli ultimi decenni
ne sono una evidente testimonianza sotto gli occhi di tutti. Laddove necessari, gli interventi di
controllo faunistico devono essere effettuati con un approccio tecnico e non ludico, devono essere
pianificati, coordinati e continuativi, e, infine, devono avere un basso impatto su altre specie.
Il Consiglio del Parco, seguito da un folto pubblico di cacciatori, agricoltori, vertici delle loro
associazioni di categoria e della Provincia di Vercelli, è stato preceduto da una comunicazione del
Vicepresidente della Regione Piemonte, Carosso, il quale ha ribadito la volontà della Regione di
ascoltare le richieste del territorio, dettando in maniera affatto velata la linea che il Consiglio del
Parco avrebbe dovuto tenere per l’espressione del parere sulle richieste di modifica dei confini
pervenute. La drammaticità della situazione è sotto gli occhi di tutti. Il gesto senza precedenti è stato
preceduto nelle ore prima del consiglio da un ultimo assalto, ovvero dall’arrivo di alcune ulteriori
lettere inviate da Provincia di Vercelli, Comune di Livorno Ferraris e alcune associazioni agricole per
ribadire le richieste già espresse.
Alla fine il Consiglio ha accolto le istanze, che verranno trasmesse alla Regione, proponendo altresì
la conversione delle Aree Contigue in Zone Naturali di Salvaguardia per consentire la caccia in tali
aree anche a chi non è residente nei comuni dell’Area Contigua.
È stata scritta una pagina nera nella storia del Parco, chiamato ad esprimersi favorevolmente sulle
richieste di riduzione del proprio territorio, dopo anni di lavoro, svolto con Enti e associazioni, per
giungere all’estensione attuale.
In questo clima passano in secondo piano le buone notizie: i comuni di Mazzè, Pecetto di Valenza e Castelnuovo Scrivia hanno chiesto l’ampiamento del Parco; il Comune di Palazzolo Vercellese e le Associazioni Ambientaliste hanno chiesto il mantenimento dei confini attuali nel territorio vercellese. Anche questo è il territorio da ascoltare.
Le richieste di riduzione sono in contrasto con gli indirizzi dettati dalla strategia dell’UE sulla
biodiversità per il 2030. Ancora una volta si è potuta constatare la miopia di una politica che gestisce il territorio per il proprio “oggi” e non per il “domani” di tutti, trascurando sia gli aspetti tecnici e scientifici sia la voce di molti cittadini ben consci dell’importanza e delle potenzialità delle Aree Protette.
Crediti: l’immagine in alto – scorcio dell’oasi naturalistica di Isola Sant’Antonio (Al) – è tratta da Piemonte Parchi