Le rinnovabili non diventino l’ennesima minaccia all’ambiente naturale: serve un cambio di paradigma

De te in fabula narratur. Ci sono giunti segnali di un rinnovato interesse per l’eventuale realizzazione di impianti eolici di grande taglia sui monti delle Quattro Province.

In attesa che siano meglio definite le intenzioni del nostro governo circa l’individuazione delle aree idonee per installare questo tipo di impianti, abbiamo elaborato un documento ampio e articolatoche può anche costituire una base argomentativa per altre realtà associative, ambientaliste o d’altra natura, presenti sul territorio come pure per tutti coloro che lo abitano e lo frequentano. Naturalmente ci rivolgiamo anche a realtà che stanno fronteggiando le stesse criticità connesse alle politiche energetiche rinnovabili, in particolar modo in area appenninica.

Sono questioni complesse, che non si possono liquidare con semplici slogan, anche perché in gioco vi sono i valori naturalistici e paesaggistici delle aree a più elevato livello di biodiversità del nostro Paese. Anche per questo rivolgiamo l’invito a tutti i nostri concittadini a leggere questo nostro documento contribuendo con riflessioni e analisi a far fronte in maniera informata e consapevole a scelte e decisioni che potrebbero presto interessare nuovamente il nostro Appennino.

A CHE PUNTO SIAMO

Gli obiettivi europei di decarbonizzazione e di sviluppo sostenibile hanno determinato anche nel nostro Paese un enorme impulso alle cosiddette energie rinnovabili, accompagnato da una altrettanto intensa campagna mass-mediatica caratterizzata spesso da messaggi sommari e acritici che di solare e fotovoltaico nascondono ogni aspetto di criticità.

Queste stesse fonti energetiche, infatti, vengono presentate quali sola e imprescindibile scelta per raggiungere gli obiettivi di contrasto al riscaldamento climatico, un fenomeno che il mondo scientifico nella sua quasi unanimità attribuisce all’azione dell’uomo, la cui sempre crescente impronta sulla biosfera ha portato a formulare la nozione di una nuova età geologica denominata Antropocene, la datazione del cui inizio è ancora oggetto di discussione negli ambienti scientifici.

1 . UN LIMITE C’E’

Se è innegabile il ruolo di tali forme di energia (solare, eolico, idroelettrico, geotermico ecc.) nel superamento dell’era del carbonio, è altrettanto difficile pensare che l’obiettivo possa essere raggiunto all’interno dell’attuale modello di crescita e sviluppo indeterminato e progressivo. Questo perché le energie rinnovabili sono “utili ma non miracolose”. Non possono soddisfare una crescita sfrenata e continua come quella che abbiamo conosciuto finora con “l’era degli idrocarburi”. Infatti il nostro modello di sviluppo contravviene (come sottolineato da autorevoli scienziati di varia formazione ed esposto in documenti scientifici già a partire dagli anni settanta del secolo scorso) al secondo principio della termo-dinamica e al concetto di entropia ad esso strettamente correlato, così come teorizzato dall’economista e matematico Nicholas Georgescu-Roegen, (1906 – 1994) e sintetizzato nella frase: “Una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito”.

2. ENERGIE RINNOVABILI REALMENTE “SOSTENIBILI” E “RINNOVABILI” ?

Lo sviluppo sostenibile, termine che ha avuto un grandissimo successo in tutto il mondo, è stato utilizzato come “un’impostura” ossia uno slogan che aveva in sé un’affermazione falsa e fuorviante (vedi Serge Latouche, Come sopravvivere allo sviluppo, Torino 2005). Così come la definizione delle energie solari (fotovoltaico ed eolico in particolare) in quanto rinnovabili e pulite, si scontra con serie difficoltà non appena si abbandoni il terreno delle assillanti campagne di promozione delle stesse, e si consideri invece l’intera filiera produttivo-estrattiva che consente di utilizzare il sole e il vento per soddisfare le esigenze energetiche della società contemporanea. Tali energie infatti dipendono da un’intensa attività estrattiva mineraria, finalizzata in particolare all’ottenimento delle cosiddette terre rare, processo industriale, almeno allo stato attuale, dall’elevatissimo impatto ambientale, come dimostrato ormai da una vasta letteratura e pubblicistica tecnico-scientifica. Pertanto, un discorso obiettivo e onesto (che rispetti il diritto imprescindibile dell’opinione pubblica nel suo insieme ad ottenere una corretta informazione sulle energie rinnovabili) non può occultarne le criticità; sia quelle sopra ricordate, sia quelle collocate, per così dire, a valle e al termine della filiera, che riguardano l’inserimento dei manufatti industriali di produzione di energia eolico-solare (con i relativi ingentissimi danni agli ecosistemi e ai paesaggi naturali e storici), nonché lo smaltimento dei materiali che, data la loro scarsa riciclabilità, già presenta criticità gravissime (secondo la ricerca a cui fa riferimento l’articolo precedente); in particolare sul riciclaggio delle pale eoliche si vedano anche la fonte citata in questo articolo e il servizio che vi ha di recente dedicato l’emittente televisiva francese France 24. Solo tematizzando tali problematiche si potrà con approccio obiettivo porre a confronto l’impatto ambientale di queste fonti energetiche con quelle basate sull’utilizzo degli idrocarburi. Se è vero che, per quanto riguarda l’estrazione mineraria delle terre rare, sembrano profilarsi all’orizzonte soluzioni sostitutive delle stesse e di minor impatto ambientale (si veda anche, poco convincente e chiaramente ideologico quest’altro testo), è altrettanto evidente come tali soluzioni siano ancora ben lontane da un’applicazione reale, per motivi che possono essere variamente definiti.

3. CAMBIO DI PARADIGMA

In questa sede e ai nostri fini non è peraltro di primaria importanza dirimere la disputa tra i sostenitori delle une e delle altre (operazione per altro non facile o pressoché impossibile visti gli enormi interessi economici in gioco a livello planetario). È però fondamentale uscire dalla narrazione retorica, propagandistica, promozionale e manipolatoria che impedisce di raggiungere la necessaria consapevolezza collettiva su pregi e limiti delle fonti energetiche alternative agli idrocarburi, sfatando il pericoloso mito secondo il quale in esse risiede la soluzione assoluta e priva di ogni controindicazione dei problemi di fabbisogno energetico dell’umanità, se non addirittura il superamento di ogni criticità ambientale. Naturalmente tutte queste considerazioni non sono finalizzate a screditare le energie cosiddette rinnovabili in quanto tali, a favore di altre forme di produzione energetica (carbone, gas, petrolio, nucleare), ma a sottolineare come, a monte di ogni considerazione comparativa tra diverse forme di produzione energetica, debba tenersi fermo il concetto , derivante da quanto esposto al punto 2, che nessuna transizione autentica verso una riduzione di emissione di CO2 è possibile senza un radicale mutamento di paradigma nelle scelte umane all’interno della biosfera. Tale mutamento deve fondarsi sul concetto che l’unica energia veramente pulita è quella che non si utilizza, ovvero quella risparmiata. Il che però non può significare solo l’adozione di sistemi di risparmio ed efficientamento energetico (soluzione pure auspicabile in ogni contesto). Questo non sarebbe infatti sufficiente all’interno del paradigma della crescita infinita, giacché quanto eventualmente risparmiato in termini energetici sarebbe vanificato dagli obiettivi di crescita esponenziale perseguiti da tutti i sistemi economici mondiali. Solo la radicale revisione di tali obiettivi di crescita indefinita attraverso un “cambio di paradigma” potrebbe consentire il raggiungimento di obiettivi di armonizzazione della presenza dell’uomo all’interno dell’ecosfera, riducendo drasticamente l’impronta energetica ed ecologica in generale dell’uomo sull’ambiente.

4. LE ALTERNATIVE POSSIBILI

In altri termini, le energie cosiddette rinnovabili, se inserite all’interno dell’attuale dominante modello di sviluppo e di crescita indeterminata, non possono che tradursi in una nuova forma di aggressione estrattivista alle risorse naturali, e di fatto, allo stato attuale, esse si configurano in forme speculative, in strategie che non tengono conto (né sono interessate) a discriminare opportunamente tra possibili applicazioni di minor impatto ambientale rispetto ad altre soluzioni (adottate nella prevalenza dei casi) che invece esercitano il massimo dell’impatto sugli ecosistemi, sull’ambiente naturale e storico-paesaggistico. A titolo di esempio, gli impianti industriali eolici e fotovoltaici (molto inopportunamente denominati “parchi”) vengono installati in aree naturali e agricole, spesso di pregio naturalistico e paesaggistico, senza che venga problematizzato l’enorme impatto che esse determinano in termini di consumo di suolo e alterazione/distruzione di habitat e paesaggi naturali e culturali, né venga posto con il giusto grado di discrimine l’esistenza di una scelta alternativa che invece privilegi le aree già artificializzate, urbane, peri-urbane, industriali e commerciali (tetti di capannoni o strutture artificiali pre-esistenti), sviluppando nel contempo quelle soluzioni tecnologiche che favoriscano tali opzioni, che peraltro già esistono, ma la cui applicazione è come al solito subordinata a considerazioni di interesse lobbistico anziché a finalità di pubblica utilità.

Il cambio di paradigma richiamato al punto 3 appare tanto necessario quanto irrealistico allo stato attuale di consapevolezza e cultura a tutti i livelli della società. Tuttavia, ancorché irrealistico, tale principio va tenuto fermo come presupposto per ogni proposta alternativa di scelta economica, politico e sociale, finalizzata agli obiettivi del contrasto di una crisi globale che non è solo climatica, ma anche ambientale, e concerne la biodiversità nel suo insieme, e la possibilità stessa di una sopravvivenza della specie umana nel mondo, sia dal punto di vista biologico sia da quello culturale. Fermo restando quanto osservato ai punti 1 e 2, le energie cosiddette rinnovabili, ormai imprescindibili nelle strategie energetiche odierne e future (indipendentemente dai diversi pareri scientifici, tecnici e politici, disinteressati o meno, che non rientra negli obiettivi di questo documento analizzare), potranno fornire un contributo all’attenuazione dell’”impronta ecologica” dell’uomo dell’Antropocene sul pianeta solo all’interno di tale mutamento di paradigma.

Tuttavia, non mostrando esso segni di una sua affermazione in un futuro prossimo, occorre, da un punto di vista ambientalista, concentrare le forze per limitare e contrastare le applicazioni speculative e dannose di tali forme di produzione di energia, che, come si è detto, si configurano sempre di più, in tale accezione, come una nuova frontiera dell’aggressione estrattivista alle risorse naturali planetarie.

5. INCOMPATIBILITA’ TRA IMPIANTI INDUSTRIALI E TERRITORI NATURALI ED AGRICOLI

Occorre quindi coniugare il principio esposto al punto 3 (risparmio e efficentamento energetico, riduzione di consumi e sprechi) ad un secondo principio che ribadisca con decisione l’incompatibilità dell’impiantisca eolica e solare all’interno di territori naturali e agricoli (quindi non necessariamente destinati allo sfruttamento agricolo, ma anche le zone incolte, cespugliate, boschive, umide, intese come indispensabili serbatoi di biodiversità e servizi ecosistemici) con i principi stessi ai quali la cosiddetta transizione energetica si ispira, vale a dire la tutela degli habitat, del suolo e della biodiversità nel suo insieme.

L’istanza che richiama l’utilizzo di superfici non agricole per l’installazione di impianti fotovoltaici è per altro sostenuta anche da categorie economiche non certo tacciabili di ambientalismo estremo. (allo stesso link si veda anche la reazione lobbistica di Elettricità futura). L’installazione di pannelli fotovoltaici su tetti di edifici commerciali è per altro misura inclusa nel PNRR. Nella stessa direzione sono orientate le indicazioni contenute nelle linee guida della Commissione europea (Potential impacts of solar, geothermal and oceanenergy on habitats, speciesprotected,under the birds and habitatsdirectives, 2020), dove si afferma esplicitamente che “la migliore misura di conservazione è evitare siti importanti per conservazione di habitat e specie protette dall’unione europea” (…) “non solo siti Rete Natura 2000, ma tutte le aree connesse dal punto di vista della funzionalità ecologica” (p. 17). Nello stesso documento si legge: “Idealmente, i parchi solari si collocano in prossimità di habitat naturali già alterati da infrastrutture (strade asfaltate, ferrovie ecc.) o da edifici (aree urbanizzate)”. Più problematica l’indicazione di utilizzare brownfields, cioè terreni contaminati e a basso livello di biodiversità (ad esempio aree industriali dismesse) o anche aree agricole sfruttate intensivamente con uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi la cui biodiversità – secondo le linee guida in questione – potrebbe essere migliorata con l’installazione di impianti solari realizzati con determinati criteri (p. 17).

Infine, anche nel recente documento prodotto da FAI, Legambiente, WWF Italia si dà una netta indicazione contro il consumo di nuovo suolo per la realizzazione di impianti fotovoltaici, mentre per quanto riguarda l’eolico permangono pesanti ambiguità e manca una decisa presa diposizione contro l’installazione di impianti eolici in aree naturali.

6. EOLICO E FOTOVOLTAICO SU AREE GIA’ ARTIFICIALIZZATE

Per quanto riguarda gli impianti eolici, la Commissione europea ha prodotto nel 2020 un documento specifico, nel quale vengono esposte nel dettaglio criteri e procedure di verifica delle turbine eoliche su specie e habitat, in particolare con riferimento ai siti Rete Natura 2000. Osserviamo che, diversamente da quanto argomentato nel documento precedentemente considerato a proposito dell’ideale utilizzo di aree degradate per l’installazione di impianti fotovoltaici, gli impianti eolici vengono analizzati, come si è detto, per il loro impatto sugli habitat naturali, ma non sembra contemplata, né tanto meno indicata come preferibile, la possibilità di una loro installazione in aree già compromesse dal punto di vista della biodiversità. L’attenzione dei redattori del documento è tutta concentrata sugli impianti composti da pale eoliche di grandi dimensioni e destinati a spazi naturali, mentre non vengono considerate le tecnologie più innovative che consentono applicazioni di macchine per la produzione di energia eolica all’interno di strutture artificiali pre-esistenti (viadotti autostradali e ferroviari, ecc.) o integrate in edifici (cfr il link e il link).

Anche l’AD di Enel,Francesco Starace, in una dichiarazione che ha avuto molta risonanza, ha sostenuto l’inopportunità di installare nuove pale eoliche sul territorio italiano e pannelli solari su aree agricole anziché su tetti di capannoni. A tale proposito si veda anche un altro link dal quale si evince, dai termini dell’accordo tra il Ministro della Cultura Dario Franceschini e il ministro della Transizione, Roberto Cingolani, una certa intenzionalità nell’orientare le scelte di installazione degli impianti industriali eolici e solari in aree non naturali (le cosiddette aree idonee), anche se manca una determinazione chiara nel preservare da tali interventi la totalità dei suoli naturali e agricoli. Il tema dell’installazione del fotovoltaico su edifici civili pubblici e privati (anche nelle zone centrali degli abitati grazie a nuove soluzioni che consentono di rispettare le caratteristiche urbanistiche dei centri storici) è trattato in un articolo che assume a titolo esemplificativo la città di Roma e fa riferimento allo studio riportato a questo link. . Ai succitati riferimenti di tipo scientifico aggiungiamo la segnalazione di alcuni interventi di carattere politico-culturale che vanno nella stessa direzione di incentivazione di forme di utilizzo delle fonti rinnovabili non invasive dal punto di vista ambientale. Particolarmente centrato e ben argomentato ci sembra l’articolo dello storico dell’arte Tomaso Montanari.

In conclusione, non mancano studi dai quali si può desumere come non sia per nulla irrealistico, ma piuttosto necessario e doveroso, orientare l’installazione di impianti di energia rinnovabile (fotovoltaico, ma sempre più anche eolico, con le nuove soluzioni tecnologiche sviluppate e in via di sviluppo) su superfici artificiali già esistenti piuttosto che occupando suolo naturale ed agricolo.

7. TUTELARE FORESTE E BIODIVERSITA’

Un discorso a parte riguarda l’utilizzo di bio-masse legnose. La politica europea, se da una parte include tra i suoi punti, l’incremento delle foreste (obiettivo 15), dall’altra prevede incentivi per l’utilizzo delle bio-masse legnose, anche se in nessun modo è giustificabile la presunta rinnovabilità del legno (ovvero dei boschi e delle foreste) considerata la diversa scala temporale dei processi di combustione del legno e di crescita degli alberi. Secondo un recente studio (Ceccherini G., Duveiller G., Grassi G., Lemoine G. Avitabile V., Pilli R., Cescatti A. ,2020, ,Abrupt increase in harvested forest area over Europe after 2015, Nature, vol. 583, pp. 72–77), il nuovo indirizzo bio-economico della politica comunitaria, finalizzato a raggiungere la neutralità climatica nel 2050, è in stretta correlazione con l’incremento dei tagli nelle foreste, il che non è in contraddizione con l’aumento delle superfici boscate (argomento principe dei sostenitori a diverso titolo di maggiori prelievi legnosi) prese nel loro insieme, ovvero comprendendo nel conteggio, insieme ai cosiddetti boschi alti (ossia quelli formati da alberi alti più di 5 m), anche le superfici boscate a carattere di cespuglieto. In particolare la situazione dell’Italia sembra essere tra le più gravi perché le utilizzazioni forestali dal 2004 al 2018 sono aumentate del 70% circa. Come ben argomentato nello studio sopra riportato, al quale rimandiamo, “i danni, diretti ed indiretti”, prodotti dalla gestione forestale volta alla produzione di biomasse “per l’ambiente forestale, la salute umana e la stessa economia sono enormi”. È pertanto urgente un’inversione di rotta verso una gestione forestale che abbia al suo centro la tutela della foresta in quanto habitat e della complessità dei servizi ecosistemi che offre all’uomo e all’ambiente.

8. A VOLTE RITORNANO

Sembra che per la terza volta si profilino all’orizzonte progetti di impianti eolici che dovrebbero interessare i principali crinali del nostro Appennino. A Pobbio, in val Borbera, qualche proprietario ha ricevuto la proposta di installare un anemometro sui suoi terreni. Intanto, sui monti di Caldirola vola un drone con il dichiarato scopo di compiere rilievi fotografici per la realizzazione di un impianto eolico.

Già nel 2005 e poi ancora nel 2010-2011 i generosi incentivi statali allora concessi ai prezzi dell’energia da fonte eolica stimolarono l’attenzione degli imprenditori del settore nei confronti dei crinali montani delle alte valli Staffora, Curone e Borbera. Furono presentati numerosi progetti per collocarvi decine di aerogeneratori. Nessuno di essi si è concretizzato: i proponenti hanno dovuto prendere atto di una serie di precisi e importanti vincoli: geologici (l’instabilità dei nostri versanti), tecnologici (la distanza dai “nodi” della rete elettrica ad alta tensione) e normativi (non è possibile realizzare simili impianti nei siti Natura 2000 – quale è la ZSC istituita per la dorsale Ebro Chiappo – e il piano paesaggistico regionale esclude che si possa realizzarli sui crinali tutelati dai cosiddetti “Galassini”, un regime di vincolo che interessa sia l’intero tratto compreso tra il Chiappo e il Giarolo sia il versante piemontese dello spartiacque con la valle Staffora).

Negli ultimi anni (mentre l’incentivazione economica all’eolico si è ridotta), l’aggravarsi della crisi climatica ha reso inderogabile l’avvio del processo di “decarbonizzazione” del pianeta. Sono stati fissati sacrosanti obiettivi a livello nazionale, europeo e mondiale. Per conseguirli, il principale strumento è stato individuato nel massiccio ricorso alle energie rinnovabili. I più accorti tra gli studiosi hanno avvertito che, se questo strumento ha un ruolo indiscutibile per giungere a una transizione ecologica, per essere efficace il processo dovrà fondarsi sulla decisa riduzione dell’utilizzo delle risorse naturali accompagnata dalla massima efficienza nel loro impiego. Occorrono urgenti misure in questo senso, ma, nel discorso pubblico, riesce difficile mettere in discussione il dogma di una crescita senza limiti (vedi punto 2), una priorità apparentemente non negoziabile.

La realizzazione di impianti per produrre in forma rinnovabile tutta l’energia necessaria ad alimentare questa crescita è allora raffigurata come un obiettivo da conseguire senza se e senza ma, minimizzando le diverse criticità che ciascuna tecnologia ha in sé (vedi punto 2) e, spesso, muovendo gratuite accuse a chi le segnala. Frutto di questo clima culturale è la revisione del Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) approvata in Piemonte nel marzo 2022: si è voluto dare un “segnale” inserendo nella programmazione anche la realizzazione di impianti per l’energia eolica, pur ammettendo che si tratterebbe di una produzione ben modesta a fronte del complessivo “bilancio energetico” piemontese. Il PEAR ha individuato alcune aree “vocate” a questo scopo, e i nostri crinali sono una di esse. L’autore del PEAR, constatato che esistono i vincoli normativi di cui ho detto, senza soffermarsi sulle ragioni per cui essi sono stati adottati, ha scritto nero su bianco nel piano che l’auspicio della nostra regione è che siano rimossi. Presto potrebbe accadere: se e in che modo, lo capiremo dal contenuto del provvedimento, in corso di emanazione da parte del governo, che fisserà a livello nazionale i criteri per individuare le aree idonee all’installazione di impianti energetici da fonti rinnovabili. Ecco spiegato il rinnovato attivismo nel nostro territorio degli “sviluppatori” di impianti eolici.

Un pensiero per Franco Cattaneo

Franco Cattaneo ci ha lasciato pochi giorni fa. Amava sinceramente la nostra montagne, è stato uno degli artefici del Rifugio Orsi e in tanti anni ha dato un grande contributo a far sì che diventasse una realtà in cui accoglienza, amicizia, rispetto per l’ambiente e educazione naturalistica sono una pratica tangibile e non concetti astratti. Riproponiamo una intervista da noi realizzata con mezzi artigianali nel luglio 2011, durante una camminata sui crinali che il nostro Comitato organizzò per testimoniare i motivi che giustificavano l’opposizione ai progetti di sfruttamento industriale dei crinali. Trovammo al Rifugio Orsi conferma di quella solidarietà e di quell’appoggio che già anche il CAI Tortona, e Cattaneo, ci avevano mostrato fin dall’inizio del nostro impegno.

L’energia eolica nella proposta di PEAR Piemonte: il parere della giunta

La proposta di Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR), di cui abbiamo già trattato nel 2015

individua quattro “ambiti strategici” per lo “sfruttamento del vento a fini energetici in impianti di taglia industriale”. Tra di essi, “l’area apicale delle valli Curone e Borbera nell’Appennino alessandrino ai confini con le province di Pavia, Piacenza e Genova”. Il 2 aprile abbiamo depositato nuove osservazioni per contestare radicalmente l’impostazione della proposta di PEAR.

DOCUMENTO OSSERVAZIONI

Pochi giorni fa è stata pubblicata la delibera con cui la giunta regionale ha espresso il proprio parere, una volta esaminate le osservazioni pervenute all’ente. Allegata alla delibera una relazione istruttoria di 48 pagine. Il tutto è consultabile al link

http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2018/34/attach/dgr_07254_1050_20072018.pdf
 
Nella parte dedicata all’eolico la relazione di fatto ci ha dato  ragione su alcuni aspetti importanti. A pagina 15, citando due punti della proposta di PEAR – la richiesta di rimuovere i “vincoli normativi” che impediscono di realizzare l’eolico industriale in aree potenzialmente interessanti e la proposta di attribuire una “corsia preferenziale” nelle procedure valutative “per superare i veti incrociati” – la relazione dichiara che l’una e l’altra richiesta “non appaiono adeguate per orientare le strategie di compatibilità degli impianti eolici con il territorio”. Anche se espressa con il linguaggio burocratico, è comunque una bocciatura senza equivoci: i vincoli hanno ragione di essere e sono anche fondati su diverse norme nazionali, e le procedure debbono consentire di valutare tutti i contrapposti interessi, senza scorciatoie.
Allo stesso tema, l’energia da fonte eolica, sono poi dedicate ben 12 pagine della relazione, da pagina 19 a pagina 31. Importante è il passo (pagine 20 e 21) in cui si legge: “i programmi attuativi del PEAR dovranno valutare la coerenza delle singole azioni in riferimento ai contenuti del Ppr [Piano Paesaggistico Regionale – NDR] nel loro complesso … Prioritariamente, occorrerà individuare soluzioni localizzative … idonee a salvaguardare l’interesse paesaggistico, ponderando e bilanciando tutti gli interessi pubblici coinvolti anche favorendo la concentrazione di parchi eolici in alcune aree più vocate e l’ammodernamento e efficientamento degli impianti esistenti, in coerenza con quanto previsto dalla Strategia energetica nazionale 2017. A titolo collaborativo si fornisce una sintetica rappresentazione dei quattro ambiti strategici per lo sviluppo della generazione eolica in Piemonte, incrociati con le aree di notevole interesse pubblico confermate dal Ppr. Come sopra già anticipato, questi elementi potranno essere utilizzati per la definizione dei programmi di azione e per la successiva fase autorizzativa degli interventi.”.
La rappresentazione del comprensorio montano di cui ci occupiamo si trova a pagina 27. Nella mappa sono colorate in marrone le “aree di sviluppo della fonte eolica” e in verde le “aree di notevole interesse” (quelle tutelate dai decreti Galasso di metà anni 80).
Dalla mappa risulta evidente che le “aree di sviluppo”, colorate in marrone, nei nostri crinali montani sono pressochè tutte comprese anche tra le “aree di notevole interesse” del Ppr. In base al Ppr, per la realizzazione di impianti eolici si deve fare eccezione al divieto di edificare in un intorno di 50 metri dai crinali montani, ma a patto che quella superficie non ricade in “aree di notevole interesse”. Diversamente, il divieto resta efficace. Che senso avrebbe quindi mantenere i crinali più alti del nostro comprensorio tra le “aree di sviluppo della fonte eolica” ? Tutto rimandato ai futuri “programmi di azione” che accompagneranno il PEAR in sede di definitiva approvazione, ma delle conclusioni della relazione si dovrà tenere conto. 

Con il Galassino le porte restano chiuse

A ferragosto La Stampa ha pubblicato un articolo in merito al PPR e alle nostre osservazioni tese a rendere piu’ forti le tutele paesaggistiche per la zona montana, titolando con evidenza sulla possibilita’ che si riapprano le porte all’eolico industriale sui nostri monti, a seguito delle modifiche al vincolo di inedificabilita’ sui crinali.

Non e’ cosi’, in realta’, perche’ il PPR mantiene il divieto per tutte le zone montane dichiarate di notevole interesse pubblico con una serie di decreti del 1985, i cosiddetti Galassini. E il PPR conferma che i nostri crinali piu’ alti sono praticamente tutti inclusi in un Galassino. Qui il link alla scheda con relativa mappa.

Quattro anni dopo

Il 23 ottobre il Tar Piemonte ha archiviato il ricorso presentato da Equipe Giarolo Energia Srl contro la mancata autorizzazione all’impianto eolico che la societa’ intendeva realizzare sui nostri monti. La Stampa (articolo del 30 ottobre del giornalista Giampiero Carbone, cui va il merito di aver scovato la notizia) sottolinea che e’ uscito definitivamente di scena l’ultimo tra i grandi progetti (cinque, ricordiamo) riferiti ai crinali tra Staffora, Curone e Borbera, presentati a partire dall’autunno 2010, progetti tutti o respinti da chi doveva autorizzarli o ritirati da chi li aveva proposti. Il link all’articolo

http://www.lastampa.it/2014/11/01/edizioni/alessandria/addio-ai-progetti-di-pale-eoliche-lungo-i-crinali-dellappennino-tra-val-borbera-e-val-curone-c9iKfeqcRnhmofi86ZXmzL/pagina.html

Qui una nostra tabella, preparata mesi fa, con il dettaglio dei vari progetti (prima dell’archiviazione, perciò abbiamo evidenziato in giallo la parte che ora è superata).

Il presidente della Puglia e gli incentivi alle rinnovabili

Con un’intervista rilasciata alla Gazzetta del Mezzogiorno, che e’ possibile  leggere a questo linkil presidente della Regione Puglia giunge (tardivamente) a riflessioni simili a quelle che in questi anni ci hanno spinto ad opporci a progetti scriteriati nei nostri territori. Forse e’ il caso di condividere almeno una conclusione di un duro commento critico rispetto al rapporto tra Vendola e l’ambientalismo, ossia: “mai delegare l’attuazione dei propri sogni”.